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i«Cara sorella commare, ricevuta vostra letterina noi tutti bene, così mi consolo di voi tutti...» Courtesy archivio Veneziano-Polizzi-Marino.

La parte iniziale del XX secolo è stata caratterizzata da forti flussi migratori dalle aeree più economicamente depresse dell'Europa verso gli Stati Uniti d'America. Soprattutto dal Sud Italia sono stati in molti a trasferirsi alla ricerca di un lavoro che li allontanava da casa. I rapporti con le famiglie furono mantenuti in modo epistolare, ma grandissima importanza ebbero anche le fotografie che venivano scambiate per mantenere viva la memoria e il legame con la terra d'origine

All’inizio del secolo scorso molti siciliani partirono con le loro valige di cartone alla volta delle Americhe, in cerca di una fortuna e un benessere che non erano riusciti a trovare nella loro terra. Partivano generalmente gli uomini: i giovani o i capofamiglia.
S’imbarcavano nel porto di Palermo su antichi transatlantici – tra cui erano famosi il Tirrenia e il Saturnia – e dopo tempi che sembravano interminabili, giungeva in Sicilia un telegramma che comunicava che erano arrivati sani e salvi, e che le famiglie si affrettavano a mostrare con gioia a vicini e parenti. Qualche rara volta, però, dopo il fatidico telegramma di arrivo, gli emigranti, specie i più giovani, non si facevano più vivi con le famiglie d’origine e di loro non si sapeva più niente.
Generalmente invece, quel telegramma era seguito da una fitta corrispondenza con posta ordinaria e posta aerea e spesso, attraverso di essa, si scambiavano anche fotografie capaci di rinfrescare la memoria visiva e di tenere in contatto le famiglie, mentre crescevano e cambiavano.
In America, gli emigranti si sobbarcavano ogni genere di lavoro e, quando ne acquisivano il diritto, richiamavano moglie e figli per farsi raggiungere nella terra promessa.

Altri, invece, continuavano a vivere da soli negli States attendendo l’età pensionabile per rientrare definitivamente in Italia e ricongiungersi col resto della famiglia che, nel frattempo, viveva e prosperava grazie alle laute sovvenzioni inviate dal capofamiglia Midicano.
Lo status di Midicano (americano) andò acquisendo pian piano una certa importanza, specie nei piccoli centri, e creò una nuova fascia sociale molto abbiente, talvolta in grado di competere con quella dei nobili feudatari che dominavano il paese.
Nel dopoguerra i parenti dell’America svolsero un’importante funzione di sostegno al paese d'origine devastato dal conflitto, inviando in Italia un’enorme quantità di pacchi-dono, molto preziosi in quel momento particolarmente difficile.
Intorno agli anni Cinquanta, parecchi emigrati italiani pensarono bene di far sposare le loro figliole con ragazzi del paese d’origine che, col matrimonio, avrebbero acquisito il diritto di trasferirsi anch’essi in USA, andando a rimpinguare ulteriormente il folto gruppo delle famiglie italo-americane.

[ Angela Marino ]



iNew York City, USA, 1 Giugno 1909. Courtesy archivio Veneziano-Polizzi-Marino.

«New York City, 1 Giugno 1909. Carissima Commare, vi mando questi due righi di cartolino, con il ritratto mio, che mi trovavo in campagna a vendere la tela...» (retro della cartolina con l'immagine precedente). Courtesy archivio Veneziano-Polizzi-Marino.

iI migranti italiani inviavano le loro foto alle famiglie rimaste al paese e, in risposta, ricevevano dall’Italia foto di nonni e anziani genitori, di giovani spose e sorelle, di bambini nelle pose più incredibili. Courtesy archivio Veneziano-Polizzi-Marino.

iNelle immagini inviate in Italia è evidente tutta l'ufficialità della situazione e la volontà di sottolineare uno status acquisito anche attraverso gli abiti, portati in qualche caso con malcelato imbarazzo. Courtesy archivio Veneziano-Polizzi-Marino.

iAnche la Grande Guerra fa la sua comparsa negli scambi a distanza tra Italia e America. Courtesy archivio Veneziano-Polizzi-Marino.

iL'America non è toccata direttamente dal conflitto mondiale e i pensieri dei giovani sono rivolti altrove. Nelle lettere scritte in lingua sempre più imbastardita dall'inglese, compaiono fotografie e racconti euforici di incontri con «una ghella vero nasi». Courtesy archivio Veneziano-Polizzi-Marino.

iNella comunità italo-americana non c'è comunque ancora fiducia nei boys locali, per cui le famiglie mandano in Italia le figlie per sposare i bravi picciotti del paese d’origine e, successivamente, portarli con sé negli Stati Uniti. Courtesy archivio Veneziano-Polizzi-Marino.

iRaggiunta una certa stabilità economica si formano famiglie americane grazie ai matrimoni che celebrano nuove unioni. Courtesy archivio Veneziano-Polizzi-Marino.

iNegli anni, gli emigranti di ieri diventano capostipiti di numerose famiglie molto unite, che mantengono il contatto con il paese d'origine attraverso le fotografie, che diventano vere e proprie lettere. Courtesy archivio Veneziano-Polizzi-Marino.

iLa testimonianza visiva del Natale e, ancora una volta, il retro delle foto utilizzato come supporto per la creazione di una sorta di testo sincretico che renda partecipi della vita degli emigrati le famiglie d'origine in Italia. Courtesy archivio Veneziano-Polizzi-Marino.

iSono passati gli anni e il giovane emigrante che vendeva la tela porta a porta è invecchiato, ma la corrispondenza con il paese natale continua: «Addio Giovannino. Son vecchiarello ma sto bene». Courtesy archivio Veneziano-Polizzi-Marino.

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