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iFotogramma dal film Il Mnemonista di Studio Azzurro. © Studio Azzurro.

Un mnemonista al tempo di Ejzenstein #01

La memoria come luogo dove il tempo si confonde

La memoria del signor S. è infinita e incancellabile, sorretta da una sinergia dei sensi straordinaria, crea una storia per ogni scena vista o raccontata. Mondi sensoriali crescono attorno ad ogni parola, persino ad ogni lettera. Un po’ come se egli producesse un film per ogni ricordo, montando una storia nel proprio teatro interiore. Come nelle tecniche di memorizzazione tramandate da Cicerone in poi, o nelle immagini del trattato di Robert Fludd (Utriusque Cosmi […] Historia,1620 ca.), in cui l’occhio dell’immaginazione è rivolto verso “il dietro”, verso l’interno della testa della figura umana, un dietro/dentro dove viene proiettata una griglia con i loci e le figure da collocare e mettere in relazione.

«Perché ha saltato la parola matita? Mi dica che se l’è dimenticata!»
«Non mi sono dimenticato proprio niente… semplicemente avevo messo la matita accanto allo steccato, una volta mi è successo anche con un uovo. Come avrei potuto distinguere un uovo bianco, accanto a una parete bianca? […]».

Ogni parola è anche un suono, che la rende tattile, visiva, saporosa, e l’innesto delle sensazioni innesca un montaggio interiore, con incalcolabili varianti dettate da ogni modificazione esterna.

«Quando sono passato accanto alla matita… non l’ho vista, l’ho confusa con lo steccato. Quando succede questo è perché colloco un’immagine accanto a qualcosa in un punto i cui, poi, quando la devo ripescare mi è difficile vederla. Ora, da quando ingrandisco le cose va meglio, va molto meglio».

Nello scambio tra il professor Aleksandr Lurija e Solomon Veniamovich Seresevskij si intravede l’idea di «pensiero sensibile» di Ejzenstejn. Un pensiero che egli ritiene necessario al metodo elaborato nella sua estetica della regia, per garantire l’accesso a quella condizione proto-logica che conosciamo e utilizziamo prima del pensiero logico analitico, prima dell’acquisizione del linguaggio con cui la cultura si trasmette, nel cui modello il nostro cervello si forma e con il quale impariamo a pensare. Non si tratta di una coincidenza, Ejzenstejn conosce Seresevskij e lo «menziona ripetutamente nelle sue lezioni di regia, sostenendo che la sua memoria, sostenuta da un’acuta sinestesia, rappresenta un chiaro caso di sopravvivenza di una forma di pensiero appartenente a fasi precedenti lo sviluppo sia della coscienza individuale, nel bambino, sia della cultura nello sviluppo storico.» (1) Il grande regista «insieme al linguista Nikolaj Marr e agli psicologi Vygotskij e Lurija, che aveva conosciuto già alla fine degli anni ’20 e di cui condivideva l’approccio evolutivo e storico-culturale, forma un gruppo di studio in cui viene discussa la sopravvivenza delle forme del pensiero prelogico nelle diverse stratificazioni linguistiche all’interno della società, nel «linguaggio interno» degli adulti, nelle forme di regressione psichica e linguistica causate dai traumi e dalle lesioni cerebrali, o in personalità dotate di funzioni cognitive eccezionali come nel caso di Solomon Veniamovich Seresevskij, un individuo provvisto di una memoria straordinaria a cui Lurija avrebbe in seguito dedicato un intero studio». (2)
È come se Ejzenstejn sostenesse che per montare una sequenza di immagini è necessario attingere a quell’attitudine fanciullesca all’associazione spontanea delle idee e delle forme, che ridesta la prima esperienza umana della conoscenza, la prima forma di esplorazione del mondo, fatta di frammenti da mettere in relazione tra loro. E ridestare così il lavorìo stesso che stratifica la coscienza, mentre le esperienze vengono assimilate, trasformate, tradotte e tradite… come accade in un montaggio cinematografico, dove una storia cambia forma trascinata dalla forma delle storie.
L’incessante moltiplicazione che ne sgorga vanifica la considerazione lineare del tempo, ne annienta lo srotolarsi che consideriamo naturale, lo rende un cursore impazzito nell’inseguimento delle connessioni e delle suggestioni mnestiche con cui un odore, un gesto, un suono possono far tornare presenti esperienze e sensazioni lontanissime. Ed è il tempo la categoria con cui il signor S. non può andare d’accordo, «lo confonde». Troppa l’articolazione narrativa ed emotiva che ogni minima evenienza comporta nel suo ricordare.
L’impossibile atlante della memoria del signor S. fa pensare ad Aby Warburg, la teoria del montaggio di Ejzenstejn fa pensare al paradigma di pensiero di Warburg nel costruire Mnemosyne; alla sua ricerca di un sistema di raccolta ed esplorazione delle forme che spieghi come esse si depositano e, seppur sepolte, rimangano persistenti, pronte a riemergere; una procedura che ricostruisca il processo senza la necessità di risolverne il rebus. (3) Il rebus warburghiano, Mnemosyne, si basa su un meccanismo di montaggio vicino al pensiero sensibile ejzenstejniano: un accostamento delle immagini che, nella visione sincronica, mostrano con evidenza cosa sostiene la loro vicinanza. «Ora solo il montaggio – in quanto forma di pensiero – premette di spazializzare questa “deterritorializzazione” degli oggetti di conoscenza» (4), perché come dice Warburg «i pensieri passano le frontiere ignorando le dogane». E questo ignorare le dogane si fa elemento creativo e narrativo proprio nella forma sincopata, nel flusso a scatti così caratteristico dei linguaggi novecenteschi (5), fatti di fotogrammi che si susseguono davanti allo sguardo, come frammenti che (ri)costituiscono la percezione della continuità.

[ Laura Marcolini ]


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(1) - Antonio Somaini, La forma cinematografica e il pensiero prelogico, in Ejzenstejn, il cinema, le arti, il montaggio, Einaudi, Torino 2011.
(2) - Ibidem.
(3) - Georges Didi Huberman, Limmagine insepolta, Bollati Boringhieri 2006.
(4) - Ibidem.
(5) - Kurt W. Forster, Katia Mazzocco, Introduzione ad Aby Warburg e allAtlante della Memoria, a cura di Monica Centanni, Bruno Mondadori 2002.

LA SCHEDA DEL FILM

titolo originale Il Mnemonista
nazionalità ITA
anno di produzione 2000
visto censura film per tutti
durata 90 min.
regia Paolo Rosa
soggetto Lara Fremder, Paolo Rosa
sceneggiatura Lara Fremder, Paolo Rosa
fotografia Fabio Cirifino
montaggio Jacopo Quadri
effetti speciali Andrew Sebok
musiche Luca Francesconi
suono Claudio Morra
scenografia Stefano Gargiulo, Esther Musat


«Suoni, immagini, colori, sapori. Tutto nella sua mente prodigiosa si trasforma in un mondo senza confini tra realtà e immagini». Primo violino nell’orchestra di una grande città, ‘S.’ è dotato di una memoria straordinaria, che lo porta a ricordare ogni minimo dettaglio di ciò che cade sotto la sua attenzione. Decide di rivolgersi al professor ‘L.’, psicologo di fama internazionale, il giorno in cui si accorge di non riuscire più a leggere uno spartito, perché le note davanti ai suoi occhi esplodono in punti mobili e coloratissimi. La relazione terapeutica si sviluppa per oltre trent'anni tra luci e ombre, durante i quali S. si esibisce anche come fenomeno nei teatri e nei cabaret dell'epoca, diventando un mnemonista. Ispirato a un caso reale descritto nel 1965 dal neuropsicologo A. Lurija, il film è un viaggio affascinante tra i misteri e i prodigi del cervello umano.

iFotogramma dal film Il Mnemonista di Studio Azzurro. © Studio Azzurro.

iUna pagina dal capitolo dedicato all'arte della memoria di Robert Fludd, parte del trattato Utriusque Cosmi, maiores scilicet et mionores, metafiphysica, physica acque technica Historia, pubblicato in Germania, 1617-21.Testo di ispirazione per la fase progettuale e lo storyboard del film Il Mnemonista. iFotogrammi dal film Il Mnemonista di Studio Azzurro. © Studio Azzurro.


SOTTO LA SUPERFICIE...

Il Mnemonista è un film di Studio Azzurro, con la regia di Paolo Rosa, ispirato al libro che lo psicologo Aleksandr Lurija scrisse su un uomo dalla memoria prodigiosa di cui seguì la vita e le esperienze per circa trent’anni. (6) Lurija non lo considerava un paziente, né un caso da baraccone, ma un uomo la cui mente rivelava strutture associative e meccanismi di memorizzazione amplificati da una sensibilità complessa, che incrocia i sensi intessendoli. Il film, raccontando il caso del signor S e le apprensioni del professor Lurija, dà una dimostrazione di rigore formale nella direzione della fotografia, e di una libertà d’invenzione delle scene e del loro montaggio che, dove possibile, si avvale di licenze e stratagemmi tipici del teatro, ponendo lo spettatore in una condizione insolita, fino a portarlo dentro il teatro della memoria di S. come su un set in cui la macchina teatrale soverchia le forze del protagonista.



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(6) -
A. Lurija, Una memoria prodigiosa (1968), Roma 1975.
iFotogramma dal film Il Mnemonista di Studio Azzurro. © Studio Azzurro.

Un mnemonista al tempo di Ejzenstein #02

La memoria come luogo dove il tempo si confonde

Ma finiamo dall’inizio: l’esecuzione musicale è interrotta. Il signor S non riesce più a suonare. È per questo motivo che si trova costretto a rivolgersi al Professor Lurija:

«Il fatto è che da qualche tempo non riesco più a suonare. Lei conosce la musica? Provi a pensare a quanti re diesis ci sono in una sinfonia. Da impazzire. Il re diesis è diventato giallo, senza dirmi niente. Così, di colpo, all’improvviso. Non era mai successo prima».

Ed è proprio con Il suono giallo che si torna alla Russia zarista, quando tra il 1908 e il 1914 Vassily Kandinsky tentava di rappresentare il colore attraverso il suono. Der Gelbe Klang (originariamente pensato come Riesen, Giganti), un esperimento sull’opera d’arte totale all'interno della quale fondere elementi visivi e sonori, colti nel loro stato primordiale, nel binomio colore-voce. Ma c'è anche un po' di Jazz (1946-’47) di Henri Matisse, la serie di illustrazioni in cui l'artista affida proprio a delle stelle gialle su un cielo blu il compito di raggiungere i gradini più alti della scala musicale. Lo fa con dei papiers découpés, quindi colora delle carte, le ritaglia in forme semplici e poi le incolla su un altro foglio. Come fanno i bambini.

«Anche le lettere, i suoni hanno un sapore e un colore e si possono trasformare naturalmente; possono diventare macchie, spruzzi, nuvole di vapore, raggi di luce. “Stella”, si sente no? È tutto uno scintillio. Attenzione però: questo scintillio non viene dalla parola, ma dalla lettera “s”. Sssss, s, sss...»

L’intero spettro cromatico non è comunque sufficiente a connettere i ricordi di una vita e, inoltre, secondo il signor S, non possono bastare alle maglie della memoria quei legami, per dirla con Saussure, tra “significante” e “significato” così troppo legati a una determinata cultura. Nel suono cerca gli universali, così come quei ssss, s, sss delle stelle sono così inscindibilmente connessi al loro scintillio, al loro splendore.
Uno stimolo, dopo essere stato rilevato di sensi, viaggia sotto forma di impulsi nervosi fino a raggiungere il cervello e vi si deposita. Potrà essere associato a sensazioni, rivivere nei ricordi o essere lì dimenticato.
Questo non accade nei sensi e nella testa del signor S: i suoi sensi sono più ricettivi, più sensibili. Non ha solo due occhi, ma tre, quattro, cinque, come quelli che appaiono – memori del cinema russo d’avanguardia (7) – all’interno del cannocchiale utilizzato dai medici per visitarlo.
Si può tentare di comprendere se il gioco dei rimandi mnemonici funzioni grazie a configurazioni esistenti a priori, ante rem, da incastrare come le tessere di un mosaico:

«Uno, per esempio, è un uomo alto e snello; due è una signora che sorride; tre, non so perché, è un uomo tetro; sette è un uomo con i baffi; otto è una donna grassa. Ottantasette? È una donna grassa accanto a un tipo con i baffi».
Oppure:

«Posso chiamarti Olga?»
«Ma il mio nome è Josefine.»
«Non è possibile. Josefine è pallida, ha i capelli biondi, gli occhi azzurri, le labbra sottili e un neo sulla spalla.»

Ha il sapore di uno studio sui trattati fisionomici, come quello raccolto in De Humana Physiognomia, licenziato da Giovanni Battista Della Porta nel 1587: «Il naso aquilino mostra che il suo proprietario è nobile come l’aquila, la faccia bovina tradisce un’indole placida» (8). Ma qui il nesso tra le due figurazioni (quelle animali e quelle umane) sembra più anticipare le teorie lombrosiane. Come possono invece elementi astratti, quali i numeri, richiamare alla memoria una figura complessa? In realtà gli studi sviluppati dai neurofisiologi David Hubel e Torsten Wiesel (che valsero ad entrambi il premio Nobel nel 1981) hanno rivelato un cambiamento di “visione” dai neuroni della retina, i quali focalizzano l’immagine dettagliatamente, per giungere a quelli presenti nella corteccia dove lo stimolo visivo è tradotto principalmente attraverso i suoi contorni, come dei segni. «Sembra quindi che i segni siano un linguaggio primitivo proprio del nostro sistema nervoso, una caratteristica che origina dalle proprietà della macchina cervello, dalle sue connessioni, dalle sue intrinseche caratteristiche anatomiche e funzionali» (9).
Ma ciò non ci aiuta comunque a comprendere come il signor S riesca a ricordare anche i più minuti particolari. In realtà le immagini nella sua memoria non si servono di schemi percettivi esistenti a priori: in lui le immagini così come i ricordi esistono in re, in una dimensione temporale che non ammette passato ma che dal momento che viene generata continua a vivere nella sua mente nel presente. Tutto ciò appare scientificamente inspiegabile, tanto che potrebbe far desistere anche il più rigoroso degli studiosi, ma per il signor S tutto ciò è molto semplice:

«Per me è sempre stato così. Posso provare con un esempio. Forse è meglio, forse è l’unico modo. Ecco sì, proviamo con lo scarabeo».

[ Elisa Bianchi ]


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(7) - L’uomo con la macchina da presa (D. Vertov, 1929), non a caso citato nel film proprio con un manifesto appeso in fondo al corridoio dell’Istituto.
(8) - Ernest H. Gombrich, Julian Hochberg, Max Black, Arte, percezione e realtà. Come pensiamo le immagini (1972), trad. it. Einaudi, Torino 1978, p.40.
(9) - Lamberto Maffei, Adriana Fiorentini, Arte e cervello, Zanichelli Editore, Bologna 2007 (I ed. 1995), p.48.

LO SCARABEO
Sequenza estratta dal film Il Mnemonista (2000, 35mm, colore/colour, 90’).

PAROLE
Sequenza estratta dal film Il Mnemonista (2000, 35mm, colore/colour, 90’).

iFotogramma dal film Il Mnemonista di Studio Azzurro. © Studio Azzurro.

iFotogrammi dal film Il Mnemonista di Studio Azzurro. © Studio Azzurro.

MEDICI E MEDICINA
Sequenza estratta dal film Il Mnemonista (2000, 35mm, colore/colour, 90’).

LA MATITA E LO STECCATO
Sequenza estratta dal film Il Mnemonista (2000, 35mm, colore/colour, 90’).

iFotogramma dal film Il Mnemonista di Studio Azzurro. © Studio Azzurro.

Ricordati di non dimenticare

«La memoria può cambiare la forma di una stanza, il colore di una macchina, i ricordi possono essere distorti, sono una nostra interpretazione, non sono la realtà! sono irrilevanti rispetto ai fatti...»*

Cosa succederebbe se, ogni volta che ti risvegli, tu non potessi ricordare quanto accaduto il giorno prima? Vorrebbe dire che soffri di amnesia anterograda. E se il tuo ultimo ricordo fosse la morte violenta di tua moglie? Vorrebbe dire che sei Leonard Shelby, il protagonista di Memento, pellicola del 2000 scritta a diretta da Christopher Nolan e ispirata a un racconto di suo fratello Jonathan (Memento Mori).
Leonard è infatti stato colpito alla testa durante un’aggressione nella quale viene, forse, uccisa sua moglie. Da allora sviluppa questo disturbo della memoria che non gli fa più assimilare nessun ricordo. Per sopperire a questo problema Shelby inizia ad appuntarsi su post-it, Polaroid e sulla pelle frasi e suggerimenti per ricominciare la sua ricerca dell’assassino della moglie: Johnny G.
Il film ha un montaggio incrociato, le scene che si susseguono sono alternativamente l’ultima in ordine cronologico (bianconero) e poi la prima (colori), poi la penultima e così via. In questo modo si è cercato di ricreare il punto di vista del protagonista e la sua continua ricostruzione del passato, e del presente, grazie agli appunti presi.
L’impossibilità di ancorarsi a una successione cronologica dei fatti porta a un risultato straniante che catapulta lo spettatore nella vita di Leonard, una vita fatta di un continuo presente e di un passato remoto che si allontana sempre di più, rendendo ieri un enorme buco nero fatto di non imprecisati giorni, eventi e persone.

[ Gualtiero Tronconi ]

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(*) - Una frase pronunciata da Leonard Shelby (Guy Pearce) nel film.

i© Lions Gate Entertainment.
LA SCHEDA DEL FILM

titolo originale Memento
genere thriller
nazionalità USA
anno di produzione 2000
visto censura film per tutti
durata 113 min.
regia Christopher Nolan
soggetto Jonathan Nolan (racconto Memento Mori)
sceneggiatura Christopher Nolan
fotografia Wally Pfister
montaggio Dody Dorn
effetti speciali Andrew Sebok
musiche David Julyan
scenografia Patti Podesta

i© Lions Gate Entertainment.
IL TEMPO RICOSTRUITO

Esiste una versione DVD e Blu-ray di Memento in cui il secondo disco presenta una versione alternativa del montaggio, con le scene montate in ordine cronologico. Non si tratta di una versione creata da Nolan ma dallo studio di distribuzione, che ne ha voluto fare un contenuto speciale, comunque interessante.

i© Lions Gate Entertainment.
MEMENTO TIMELINE

Qui, la mappa visiva della struttura del film Memento.
La barra arancione mostra le scene a colori, la barra grigia mostra le scene in bianconero. La barra bianca indica la progressione del film visto da spettatore. La vera storia può essere letta in ordine cronologico, seguendo Story Sterts lungo la curva. © Greg Bruney.

Christopher Jonathan James Nolan - Christopher è nato il 30 luglio 1970 a Londra, UK. Il suo primo film è Following del 1988, ampiamente citato nel successivo Memento del 2000. Nel 2002 affronta il suo primo progetto ad alto budget dirigendo Insomnia con Al Pacino e Robin Williams. Il 2006 lo vede dirigere The Prestige con Hugh Jackman, Michael Caine e Christian Bale, con il quale aveva iniziato una proficua collaborazione con il primo capitolo della trilogia del Cavaliere Oscuro: Batman Begins (2005), Il Cavaliere Oscuro (2008) e Il Cavaliere Oscuro - Il Ritorno (2012). Prima dell’ultimo capitolo della saga dedicata all’uomo pipistrello, Christopher ha trovato il tempo di dirigere Leonardo DiCaprio in Inception (2010), un altro viaggio nella psiche umana: sogni, ricordi e incubi che si fondono con la realtà. Ultimo, a oggi, capitolo della produzione di Nolan è il blockbuster Interstellar, futuristico psico thriller basato su un trattato del fisico teorico Kip Thorne.
Foto: Il regista, co-sceneggiatore e produttore Christopher Nolan sul set di Interstellar, Paramount Pictures and Warner Brothers Entertainment © Melinda Sue Gordon/2014 Warner Bros. Entertainment, Inc. and Paramount Pictures. All Rights Reserved.

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