Tra gli interrogativi posti da un lavoro iconico strutturato, uno dei più affascinanti pertiene l’estetica, rivolgendosi specialmente a una riflessione critica sulle qualità e le prestazioni della sensibilità umana. Ci si trova cioè di fronte alla tematizzazione delle modalità specifiche con cui, in quanto esseri umani, interagiamo con il mondo esterno e ne costruiamo l’esperienza attraverso il linguaggio.
L’esperienza del mondo esterno è un’operazione percettiva in cui il molteplice dell’intuizione si fenomenizza nell'accordarsi spontaneo della sensibilità dello spettatore. Si raccoglie cioè intorno a un’unità estetica da cui potrà in seguito scaturire una riflessione logica.
Immaginazione e intelletto entrano in gioco nella produzione di un concetto iconico attraverso il quale si sviluppa un nuovo universo di immagini che sia interpretazione del reale. Perché questo sia possibile è però necessaria quella circolarità nello schema che implichi la possibilità di identificare un determinato elemento attraverso il riferimento linguistico, ma nello stesso tempo ne preveda la conoscenza pregressa per poter essere applicato con cognizione e flessibilità.
A fronte di un mondo poco conosciuto o sconosciuto, l’autore è così costretto a ricercare stilemi formali conosciuti per applicarli a un sostrato antropologico che è però differente rispetto a quello nell’ambito del quale li ha acquisiti. Il risultato è una narrazione dove il significato linguistico della forma impiegata assume valore di riferimento. La metonimica rappresentazione della società sud coreana contemporanea passa quindi attraverso il reperimento e l’isolamento di fattori formali che attuano significazioni ben precise all’interno della cultura occidentale e ci indicano come questa sia penetrata all’interno di quella coreana nel corso della sua fin troppo rapida e radicale trasformazione. Nel rapporto tra immaginazione e linguaggio si crea quindi il territorio all’interno del quale si annida e prende forma l’intuizione della trasformazione e contaminazione.
L’atmosfera tende a farsi quindi rarefatta, al limite dell’astrazione rispetto a un reale conosciuto, restituendo il senso di spaesamento che coglie un popolo o un individuo che vede trasformare i propri principi nell’arco di una generazione.
Quella che per il Giappone è stata la generazione del ningen shikkaku (1), figlia della sconfitta militare e dell’imposizione eterodossa di nuovi parametri di vita, per la Corea è una rivoluzione che nasce all’interno del Paese per guidare la sua trasformazione in potenza economica mondiale. Il prezzo già pagato e ancora da pagare è altissimo in termini di sacrificio individuale e collettivo, e si può riassumere in una tendenza all’alienazione individuale che si riflette a livello collettivo nell’incremento del ricorso alle pratiche di chirurgia plastica e al suicidio. Una strada che è già stata percorsa negli ultimi settanta anni e con esiti analoghi nelle isole al di là dello stretto di Chōzon (2).
[ Sandro Iovine ]
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(*) -
Made in Korea è un lavoro fotografico pluripremiato. È stato selezionato tra i Nuovi Talenti 2015 da Fondazione Fotografia Modena e ai Sony World Photography Awards 2016 nella categoria Professional/People (secondo premio). Si è inoltre aggiudicato, tra gli altri, il terzo premio nella categoria Editorial: General News al Moscow International Foto Awards 2015.
(**) - Kyung-sook Shin,
Io ci sarò, Sellerio Editore, Palermo, 2013; pag. 17-18.
(1) -
Ningen shikkaku è il titolo di un romanzo di Osamu Dazai in cui si descrive la parabola discendente di un uomo, Ōba Yōzō, che assurge ben presto a simbolica rappresentazione del senso di perdita di valori e grande confusione morale. Confusione che ha seguito la sconfitta al termine della Seconda Guerra Mondiale con lo stravolgimento dei principi sui quali si fondava la società giapponese sia sotto il profilo giuridico, sia etico.
(2) - Lo stretto di Chōzon è il tratto di mare che separa la Repubblica di Corea dalle coste del Giappone.
Studentessa alla Korea University, a Seoul. La Korea University fa parte delle famigerate SKY: Seoul National University, Korea University e Yonsei University, ovvero le più prestigiose del Paese. © Filippo Venturi.
Ragazzo prova un visore per la realtà virtuale al Samsung d'light, uno spazio espositivo che mostra gli ultimi prodotti di Samsung Electronics, a Seoul, nel distretto di Gangnam. © Filippo Venturi.
Filippo Venturi - Nato nel 1980 a Cesena, è un fotografo e videomaker specializzato in lavori commerciali, documentari, reportage e ritratto.
I suoi lavori sono stati pubblicati su diversi quotidiani e riviste, come
The Washington Post, Internazionale, Die Zeit, Geo Magazine, Marie Claire, Vanity Fair e Io Donna/Corriere della Sera. Collabora con diverse agenzie, sia in Italia sia all'estero, per progetti pubblicitari e commerciali. Tra i premi conseguiti ricordiamo il Fine Art Photography Awards e il PX3 Prix de la Photographie.
Made in Korea è stato esposto al Centro Italiano della Fotografia d'Autore di Bibbiena e al Foro Boario di Modena da Fondazione Fotografia. Il lavoro è stato pubblicato da Emuse. Nel 2018 il suo lavoro 2030: Birth of a Metropolis è stato selezionato da SIMULTANEI, volti del contemporaneo ed esposto nella Sala Maria Luisa del Palazzo Ducale di Lucca nell'ambito di Photolux 2018.
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