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Dalla mostra Captivi. Reportage dal carcere di Pietro Basoccu. © Pietro Basoccu. Dalla mostra Captivi. Reportage dal carcere di Pietro Basoccu. © Pietro Basoccu.

Captivi. Reportage dal carcere

Per capire la fotografia di Pietro Basoccu può tornare utile ricordare (meglio sarebbe vedere) i lavori di altri fotografi che hanno ragionato visivamente sull’argomento. Fra i tanti mi sovviene quello di Marco Delogu, che realizzò una serie di scatti sui carcerati di Rebibbia a Roma pubblicati nel 2005 nel volume Cattività. Confermando il suo stile, l’autore affida al ritratto la chiave della rappresentazione del tema carcerario. Una lunga carrellata di volti, busti, piani americani, figure intere scorrono davanti agli occhi dello spettatore catturandone l’attenzione in modo stringente. Molti in bianconero, qualcuno a colori. E lo sguardo scivola velocemente dal dato biografico verso una percezione estetica astratta, atemporale. Il fotografo riesce a costruire la narrazione usando il pretesto documentario del soggetto in posa, ostentandolo in modo ingombrante al centro del fotogramma, ma subito lo abbandona per tessergli attorno una ragnatela di luci e di ombre, di fuori fuoco e di distorsioni prospettiche che “rimodellano” il ritratto con un rimando simbolico sorprendente, spiazzante. Il personaggio sotto esame, presente in quel luogo per una condanna penale che gli appartiene sino all’ultimo giorno di espiazione, diventa metafora del dramma umano, che supera la distanza vicino o lontano da noi, ieri come oggi, sollecitandone interrogativi profondi.

Dalla mostra Captivi. Reportage dal carcere di Pietro Basoccu. © Pietro Basoccu.Dalla mostra Captivi. Reportage dal carcere di Pietro Basoccu. © Pietro Basoccu.

Diametralmente opposto il lavoro del fotografo belga Carl De Keyzer, che ha documentato nel libro Zona la vita dei detenuti nella prigione (zona nella parlata locale) situata in una vasta area vicino alla città siberiana di Krasnojarsk, con riprese realizzate negli anni 2000-2002. Un lungo e dettagliato reportage mostra la vita all’interno di un carcere posto ai confini del mondo, in un punto sperduto della Siberia, organizzato in tanti nuclei abitativi separati tra loro da distanze enormi. Vita da reclusi immersa in spazi geografici e condizioni ambientali terribili. È lo stesso fotografo che per spiegare questo lavoro ai lettori cita, come incipit del libro, le parole di Fëdor Dostoevskij tratte da Memorie dalla casa dei morti: « Al di là del cancello c’era la brillante libertà dove la gente viveva normalmente. Ma per coloro che stavano da questo lato del recinto il mondo sembrava come un paese delle fate irraggiungibile». L’uso di immagini a colori piuttosto che bianconero trasformano questo mondo di espiazione, le case dei morti viventi, in un irreale lunapark ai limiti dell’immaginario, consentendo al fotografo della Magnum, di sviluppare una narrazione che unisce il reportage di documentazione rigorosa al consolidato linguaggio espressivo illustrato tipico delle riviste popolari.

Dalla mostra Captivi. Reportage dal carcere di Pietro Basoccu. © Pietro Basoccu.Dalla mostra Captivi. Reportage dal carcere di Pietro Basoccu. © Pietro Basoccu.

Pietro Basoccu si muove su un altro versante: lui è ossessione della quotidianità. Nel significato e nel senso di approccio letterario, si badi bene, come strategia e tecnica per rappresentare gli argomenti che gli stanno a cuore. Complice la formazione e la pratica professionale, lui ha abbandonato il mondo dei miti e dei lunapark per concentrarsi sul fare quotidiano, nel meticoloso esercizio di porsi domande su ogni piccola cosa e unendo, in questa passione per la fotografia, il rigore dell’uomo di scienza con la curiosità investigativa del giornalista che deve rispondere, velocemente, alle cinque lettere W. Anche la scelta dei progetti che sviluppa vanno in questa direzione, puntando la lente d’ingrandimento su tematiche sociali e di relazione che si sviluppano giorno dopo giorno, disinteressandosi completamente degli altri ambiti della fotografia, sia artistica e del puro diletto estetico o del virtuosismo tecnico. Ho avuto modo di vedere buona parte del suo archivio fotografico e ho seguito la pubblicazioni di due progetti apparsi recentemente. La caratteristica che li accomuna tutti è lo sguardo rivolto al territorio di appartenenza, l’Ogliastra, regione impervia e isolata della Sardegna sud orientale, luogo natale e di lavoro di Basoccu, ispiratrice assoluta della produzione fotografica realizzata negli ultimi dieci anni.

Dalla mostra Captivi. Reportage dal carcere di Pietro Basoccu. © Pietro Basoccu.Dalla mostra Captivi. Reportage dal carcere di Pietro Basoccu. © Pietro Basoccu.

Lo sguardo di Basoccu privilegia la registrazione dell’ambiente rispetto agli abitanti che lo occupano. Non allontanandosi mai dalle inquadrature che contengono – anche quando compare un ritratto in primo piano – elementi che rimandano all’humus dei luoghi oggetto di esplorazione. Più interessato a raccogliere informazioni e riscontri sull’aria che si respira e ne condiziona lo spirito. Come un tentativo di dare forma alle ossessioni che queste pareti trattengono e mostrano a chi vi abita, fissando attraverso la pratica fotografica il prolungamento visivo di una condanna alla quale non ci si può sottrarre. Il ridotto luogo fisico ne ribadisce il valore di culla e alimento preponderante della rieducazione. E per un fotografo nato e vissuto in un’isola circondata dal mare diventa naturale scegliere il paesaggio – qui il chiuso del carcere, e il richiamo al paesaggio delle carceri immaginarie di Piranesi è stringente – come simbolo primordiale dove tutto ha inizio, dove l’assenza di infinito pesa quanto un macigno nella rappresentazione di se stesso dentro la comunità di appartenenza. E lo sguardo ottico non può che replicarne la condizione di partenza testimoniando negli scatti una solidarietà condivisa del fotografo per le persone rinchiuse dentro un recinto invalicabile. La scrittura fotografica è discreta nello stile ma allo stesso tempo empatica. Gli scatti che compongono questo progetto non svelano i dubbi né offrono tesi accomodanti. Si limitano, com’è nella strategia del regista dell’immagine, ad accompagnare lo spettatore in una visita in punta di piedi, lasciando il compito alle inquadrature di riportare fedelmente spazi, luci, ombre, oggetti, vite solitarie e vite collettive, stati d’animo, atmosfere che aiutano e suggeriscono la leggerezza e la serietà che ognuno di noi deve tenere quando incontra queste persone e guarda questi luoghi.
La campagna fotografica è stata realizzata nel 2010 in un carcere della Sardegna. [ Salvatore Ligios ]


Captivi. Reportage dal carcere*

Area Sede Caritas, via Monsignor Virgilio - Tortolì OG
20 – 27 agosto 2016

orario: tutti i giorni, ore 10,00 - 24,00
ingresso: libero
info: -

* Il catalogo bilingue (italiano-inglese) della mostra, presente in mostra, è edito da Soter Editrice. L'inaugurazione della mostra è prevista per sabato 20 agosto 2016, alle ore 20,00


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[ RISORSE INTERNE ]
◉ [ FPtag ] Menotrentuno 2016: il punto di vista della redazione

[ RISORSE ESTERNE ]
Pietro Basoccu
Soter Editrice

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pubblicato in data 20-08-2016 in NOTIZIE / MOSTRE

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