I nomi fanno tremare le ginocchia e le aspettative per questa mostra sono enormi. Prima di visitare attendiamo l’incontro pubblico condotto da Natacha Wolinski. Il lavoro viene presentato dai due autori come il risultato della volontà di non fare il solito racconto di tragedie sul tormentato Congo. Nessun pietismo e la ricerca di un linguaggio nuovo che porti avanti e implementi il percorso iniziato quasi dieci anni fa con Off Broadway (2006). Colpisce la domanda, a mio avviso non immune da malizia, della Wolinski quando chiede agli autori se è possibile instaurare una relazione tra lo sguardo del formato panorama e una visione totalitaria dei soggetti. Impostazione che fa pensare a un modo di guardare sostanzialmente colonialista…
La mostra in sé è imponente e di sicuro vale una visita. In assenza di attribuzioni (proseguendo la strada intrapresa con la già citata mostra Off Broadway), ci si può affidare solo all’intuito e alla conoscenza degli autori per tentare arbitrarie paternità. Si passa con leggerezza dal colore al bianconero declinato con tecniche di stampa clamorosamente differenti, dal formato panorama a un'ampia varietà di dimensioni e formati, e si arriva perfino al collage. La sensazione è che gli autori abbiano voluto offrire allo spettatore le tessere di un enorme mosaico che può essere ricomposto a piacimento, senza dover necessariamente ripercorrere i passi di chi ha fatto gli scatti. Di sicuro e grande effetto sono i due totem che si fronteggiano simmetrici nell’ultima enorme sala. Le pareti che si contrappongono verso il centro si presentano come muri rivestiti di immagini, manifesti, colori, volti e corpi che vivono l’uso urbano dei muri esterni. Frammenti di vita che si sovrappongono incessantemente creando figure composte, spaccati affascinanti di una quotidianità vissuta intensamente. Di sicuro la promessa di uno sguardo non pietistico è stata rispettata, e già questo sarebbe di per sé un merito enorme, come sottolinea lo scrittore congolese Alain Mabanckou nel pannello di presentazione della mostra. L’incognita maggiore per chi affronta un lavoro di questo tipo è quella di riuscire appunto a liberarsi dello sguardo formato sulla base della propria estrazione culturale. Per questo, evitare il pietismo versato a piene mani da molti è già un grande merito, come altrettanto grande è quello di assumersi il compito di battistrada nella ricerca di nuove forme di espressione in linea con i tempi. Naturalmente nel primo caso non è detto che il successo sia dietro l’angolo, come causticamente ha tentato di ricordare la Wolinski, mentre nel secondo il rovescio della medaglia è che quando si intraprende una marcia in un territorio sconosciuto si deve essere disposto a lasciare qualche vittima sul campo. [ S. I. ]
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CONGO
di
Alex Majoli e Paolo Pellegrin
Parc des Ateliers - Magasin Électrique | fino al 20 settembre 2015
ingresso: 25,00 € (Pass Atelier)
pubblicato in data 25-07-2015 in NOTIZIE / MOSTRE
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