È un viaggio attraverso luoghi oscuri, intessuti di storie torbide, segnati da catastrofi naturali e/o industriali, sfregiati dalla malvagità dell’uomo. Una discesa nelle profondità dei nostri incubi peggiori, quelli che ci mettono di fronte alla precarietà della nostra esistenza e alla nostra fin troppo facile propensione alla crudeltà. Quelli mostrati dal fotografo francese Ambroise Tézenas sono infatti luoghi deturpati dal dramma, posti in cui nel corso del XX secolo si sono abbattute calamità terribili od orrori dai contorni disumani. Veri e propri teatri in cui sono andate in scena la tragedia e la cattiveria umana, palcoscenici su cui accorrono ogni anno moltissime persone.
Ma perché? Cosa spinge molti a recarsi sui luoghi del disastro? E quali sono i contorni di questa tendenza?
Sono questi gli interrogativi su cui si fonda l’indagine portata avanti da Tézenas con il lavoro Tourisme de la désolation. Il suo progetto indaga infatti il cosiddetto dark tourism, un fenomeno che negli ultimi anni sembra riscontrare un favore crescente. Come ci racconta efficacemente attraverso immagini, testi e didascalie, con il passare del tempo alcuni di questi posti si sono trasformati da luoghi della memoria in vere e proprie mete turistiche. Centri di interesse da segnalare su mappe, cartelloni e guide, spesso molto utili alle amministrazioni locali per promuovere i territori coinvolti. Non sorprende allora vedere, tra gli scatti affissi sulle pareti tinte di giallo della Grande Halle, guide affamate di turisti affannarsi in luoghi che, forse, meriterebbero solo silenzio, gruppi di persone intente a ripercorrere le celle di Auschwitz o le sale di tortura cambogiane, a scattarsi foto di gruppo davanti a ciò che resta di centri abitati distrutti da qualche terremoto o tzunami, o faccia al muro per sperimentare in prima persona l’ombra di ciò che poteva significare trascorrere una notte da prigioniero in un carcere sovietico.
Può disgustarci, tuttavia è una realtà che per quanto relativamente nuova sotto il profilo commerciale ha radici profonde e lontane. Una certa ambigua fascinazione per il male, per l’oscuro, per l’orrore è infatti connaturata al nostro stesso essere umani. Da una parte la respingiamo con forza, dall’altra la curiosità per quell’abisso in cui può scivolare l’animo umano ci attrae e seduce. Ed è proprio su questa contraddizione che cerca di puntare l’obiettivo il fotografo. Dai suoi scatti non emergono giudizi morali, semmai un dubbio, a mio parere legittimo, circa i futuri sviluppi di questa tendenza. Recarsi in quei luoghi può infatti essere per il singolo un'esperienza su cui innestare significati propri e importanti, se non addirittura un'inconscia forma di catarsi – cioè un modo per prendere le distanze dall’incubo, esorcizzare le paure e sancire secchi «Io no» o «Non a me», non certo privi di conseguenze. Giusto dunque custodirli e preservarli dall'incuria e dal tempo. Ma nel momento in cui permettiamo che tutto questo venga assoggettato alle sole logiche di mercato, che si trasformi tutto in un affascinante luna park degli orrori, cosa accade? Siamo sicuri di poter valutare gli effetti e le ricadute nel lungo periodo? [ S. B. ]
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I WAS HERE, TOURISME DE LA DÉSOLATION
di Ambroise Tézenas
Parc des Ateliers - Grande Halle | fino al 20 settembre 2015
ingresso: 25,00 € (Pass Atelier)
pubblicato in data 21-07-2015 in NOTIZIE / MOSTRE
ARLES2015 AmbroiseTezenas StefaniaBiamontiFPmag
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