Da quando l'essere umano ha ritenuto di doversi raggruppare all'interno di entità sociali, esiste la guerra. Nata per risolvere questioni di sopravvivenza questa immarcescibile istituzione del...
genio umano si è trasformata con l'evoluzione delle strutture sociali in strumento di mantenimento e controllo del potere. Visto però l'alto prezzo che ogni conflitto richiede alle popolazioni che lo sostengono, i governi da sempre hanno fatto in modo di procurarsi quanto più consenso popolare fosse possibile. La strategia rientra nel più vasto fenomeno del coinvolgimento al potere delle masse e ha trovato nella seconda metà del XIX secolo nella fotografia una potente alleata. Quasi tutti gli storici fanno infatti risalire alla guerra di Crimea la nascita di un genere fotografico ben preciso: il fotogiornalismo. In quell'occasione Roger Fenton ricevette l'incarico di mostrare che la guerra combattuta dai sudditi di sua maestà britannica non era poi così terribile come le cronache di William Howard Russell sul Times facevano intuire. Ancora oggi l'immagine mantiene un ruolo fondamentale nella creazione di un consenso di massa nei confronti dell'evento bellico. Ed è proprio intorno a questo nucleo centrale che ruota il lavoro realizzato da Ryan Spencer Reed, fotografo americano cresciuto in una famiglia di tradizione militare. Colpito dalla dissonanza tra l'immagine eroica della guerra offerta alla popolazione – in cui i giovani inviati a combattere sono dipinti come eroi che lottano per la libertà del mondo e il bene della Nazione, salvo poi essere ignorati quando, veterani, ritornano in Patria – l'autore ha deciso di indagare da vicino. Partendo dal dato di un pesante incremento del numero di suicidi tra i reduci, ha sfruttato la parentela con un cugino ufficiale nel 506esimo Reggimento Paracaduti, noto come Band of Brothers, per trovare un contatto ed essere ammesso a seguire l'addestramento dei militari, fino a ottenere di seguire come embedded il reggimento nel suo schieramento in Afganistan.
Un lavoro che fa riflettere sulle capacità manipolatrici del reale che possono avere le immagini, soprattutto se utilizzate come strumento politico. Una scenografia di fondo potente in cui i simboli della mitizzazione del corpo, particolarmente famoso negli Stati Uniti, rimandano in modo deciso all'immaginario dell'eroismo militare diffuso dalla cinematografia hollywoodiana. Anzi, forse nelle immagini si può trovare qua e là una grandiosità maggiore che lascia perplessi all'uscita della mostra. Ci si chiede insomma se quanto abbiamo visto è reale o se si tratta di una simulazione ben riuscita. Ed è la domanda che probabilmente dovremmo porci più spesso, in senso stretto e lato, di fronte alla fotografia di guerra. Tra le mostre del CIRCUITO OFF indubbiamente la più convincente. [ S. I. ]
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CIRCUITO OFF
DESPITE SIMILARITIES TO REALITY - THIS IS A WORK OF FICTION
di Ryan Spencer Reed
Vecchio Ospedale | fino al 27 settembre 2015
ingresso: 6,00 €
pubblicato in data 15-08-2015 in NOTIZIE / MOSTRE
COTM COTM2015FPmag
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