1 / 5       Un employé du «Jetpack Cayman» fait une démonstration des nouveaux sports aquatiques disponibles sur l’île. Un moteur 2000cc pompe de l’eau dans le Jetpack et propulse le client au-dessus de l’eau (une session de trente minutes coûte 259 dollars américains). Mike Thalasinos, le propriétaire de l’entreprise, déclare d’un ton malicieux: «Le Jetpack, c’est gravité zéro, et les îles Caïmans, c’est impôts zéro. Pas de doute, on est au bon endroit!» Grand Cayman. Avec l’aimable autorisation de l’artiste. © Paolo Woods & Gabriele Galimberti.

2 / 5       Tony Reynard (sur la droite) et Christian Pauli dans l’une des chambres fortes de haute sécurité du port libre de Singapour. M. Reynard est le président du port libre de Singapour, M. Pauli le directeur général de Fine Art Logistics NLC, dont le siège social est situé dans le port. Ils sont tous deux suisses. Le port de Singapour compte les chambres fortes parmi les plus sécurisées du monde. Ces dernières abritent des milliards de dollars en œuvres d’art, or ou argent liquide. Situé à quelques pas des pistes de l’aéroport de Singapour, ce port est un no-man’s land fiscal dans lequel les individus et les entreprises peuvent en toute confidentialité mettre leurs biens de valeur à l’abri du fisc. Singapour. Avec l’aimable autorisation de l’artiste. © Rencontres Arles.

3 / 5       L'ingresso alla mostra Les paradis, rapport annuel di Paolo Woods e Gabriele Galimberti. © Stefania Biamonti/FPmag.

4 / 5       Durante la visita alla mostra Les paradis, rapport annuel di Paolo Woods e Gabriele Galimberti. © Stefania Biamonti/FPmag.

5 / 5       Durante la visita alla mostra Les paradis, rapport annuel di Paolo Woods e Gabriele Galimberti. © Stefania Biamonti/FPmag.

Les Paradis, rapport annuel

Lo schiaffo in faccia ti arriva qualche istante dopo essere entrato nella prima sala della mostra. Luci basse, pareti nere e una serie di still-life ben illuminati per staccarli dal contesto. Rappresentano prodotti o aziende che tutti noi conosciamo. Quello che sappiamo meno è che la maggior parte di queste realtà, in genere multinazionali, gestisce i propri affari dai cosiddetti paradisi fiscali. Piccole isole o enclave territoriali non a tutti note, in cui le agevolazioni a chi porta denaro sono talmente considerevoli da attirare frotte di investitori di alto bordo.
Abbiamo parlato di schiaffo in faccia perché il contrasto tra l’ingresso al primo piano del Palais de l’Archevêché e l’ambiente successivo, separato solo da un breve corridoio non troppo illuminato, è considerevole. Ad accogliere il visitatore al termine della imponente scala in marmo che porta al primo piano è un ambiente invaso dalla luce e popolato da due o tre grandi immagini dal sapore pubblicitario e modaiolo. Nella prima sala, invece, la tensione si alza grazie al buio che per contrasto la pervade lasciando al puntamento delle luci l'evidenziazione delle immagini. Sale ancora di più, la tensione, quando si inizia a leggere gli apparati che accompagnano la mostra e si comincia a riconoscere marchi e prodotti raffigurati. Si ha davvero la sensazione di entrare in un mondo in cui accade qualcosa di oscuro, senz'altro poco pulito. Il tono curato e quasi algido degli still-life acuisce il tutto rendendo più viva la sensazione. Certo si può dire che la curatela mirava a stupire con effetti speciali (risultato pienamente conseguito), ma l'impianto generale, come vedremo, rende molto più che apprezzabili le scelte operate.
L'esposizione prosegue mostrando una serie di realtà che accompagnano le visioni di ricchezza e opulenza che contraddistinguono questi paradisi in terra. Ancora una volta, però, è il contrasto tra la parte testuale e quella iconica a dominare la scena. Le fotografie mantengono l’aplomb tendenzialmente gelido di certa fotografia industriale o pubblicitaria destinata alle riviste patinate. La costruzione della scena impera ed è pienamente funzionale alla definizione del tratteggio di un mondo artificiale. Il corpus didascalico è invece davvero imponente, ricco di dati che dimostrano come un’analisi giornalistica seria, approfondita e prolungata nel tempo sia alla base di questo lavoro durato diversi anni. Esposto con la sobrietà tipica del giornalismo anglosassone che lascia al lettore il giudizio dopo avergli fornito gli elementi per esprimerlo.
Man mano che si procede nel percorso i veli si strappano qua e là e appare anche l’altra faccia dei Paradisi, quella della gente sulla cui pelle sono stati costruiti patrimoni non quantificabili. E anche dopo aver terminato la visita, rimangono negli occhi e nella mente personaggi come la prostituta filippina che di giorno fa la domestica e in una notte guadagna più di quanto non gli renda un mese di lavoro regolare. È nuda davanti alla finestra della stanza d’albergo, irriconoscibile perché rivolta verso il vetro, l’intimo buttato sul letto, forse in attesa di un cliente o forse in una pausa di riflessione sulla propria condizione dove aver offerto le proprie prestazioni. Guarda, fuori, un mondo a lei irraggiungibile, che può essere osservato solo al di qua di un vetro, mentre le luci della città dei sogni brillano lontane nel buio. Irraggiungibili come stelle.
Poi c'è l’uomo che vive in una sorta di tugurio in cui entra (e non è un modo di dire) a malapena. Una specie di bara chiusa da una grata in cui c’è appena lo spazio per sedersi e, forse, stendersi sotto a un'indispensabile ventilatore. Poco più in là nel percorso espositivo, giovani miliardari espongono all’obiettivo patinato di Paolo Woods e Gabriele Galimberti la loro disinvolta concezione dell’esistenza...
Si esce dalla mostra frastornati un po’ dalle immagini – che con il loro apparente distacco ti trasportano dentro Paradisi inaccessibili ai comuni mortali – un po’ per la mole di dati assorbita leggendo le didascalie. Un grande lavoro giornalistico con le porte più che spalancate ai nuovi linguaggi, che una volta tanto non appaiono come una mera estetizzazione fine a se stessa o al massimo mirata alla captatio benevolentiae di galleristi e collezionisti. Certo, molte di queste immagini corrono sul filo del rasoio di genere e potrebbero stare tanto sulle pagine di una rivista alla moda quanto sulle pareti di un galleria, cosa che però non ne ha impedito la pubblicazione su riviste dedite alla seria indagine giornalistica.
Davvero vale la pena di andare a vedere questa mostra, che ci ha riconciliati definitivamente con Les Rencontres d’Arles 2015. [ S. I. ]

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LES PARADIS, RAPPORT ANNUEL
di Paolo Woods e Gabriele Galimberti
Palais de l'Archevêché | fino al 20 settembre 2015
ingresso: 9,00 €
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pubblicato in data 14-07-2015 in NOTIZIE / MOSTRE

ARLES2015 PaoloWoods GabrieleGalimberti SandroIovine






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