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Un momento dell'inaugurazione della mostra Nome in codice: Caesar. Detenuti siriani vittime di tortura. © Mimmo Cacciuni Angelone. Un momento dell'inaugurazione della mostra Nome in codice: Caesar. Detenuti siriani vittime di tortura. © Mimmo Cacciuni Angelone.

Nome in codice Caesar

Mazen al Hamdan si commuove e non riesce a trattenere le lacrime. Piange mentre racconta la propria storia di prigioniero nel carcere di Meze, a Damasco in Siria. Lo stesso carcere dove Caesar ha scattato le foto che fino al 9 ottobre sono in mostra al Maxxi di Roma. Caesar oggi è un'ombra, esiste, non si vede. È in una località protetta negli Stati Uniti, forse. Caesar è un eroe per caso, che ha dimostrato però, oltre ogni retorica, come la fotografia, nell'epoca dei selfie a tutto spiano, possieda ancora intatte tutte le sue capacità di documentare, denunciare, far indignare e muovere all'azione.

Mazen al Hamdan mentre viene intervistato da RAI News24. © Mimmo Cacciuni Angelone. Mazen al Hamdan mentre viene intervistato da RAI News 24. © Mimmo Cacciuni Angelone.

LE TORTURE | Mazen è stato in «quel mattatoio» per tre volte. L'ultima per un anno e mezzo. Lucido, freddo, pignolo nella descrizione delle torture a cui è stato sottoposto («ero legato per i polsi a 40 centimetri da terra, sono stato stuprato, picchiato, cercavano di estorcermi con l'olio bollente e l'acido confessioni di cose che non ho mai fatto»), si commuove quando parla delle foto di Caesar: «Ho riconosciuto in quelle foto metà delle persone morte. So come sono state uccise. Ho avvisato le famiglie. Le celle erano strette e stavamo uno addosso all'altro e in alcuni casi ho proprio dovuto buttare i loro cadaveri seviziati e martoriati anche nella spazzatura. In quel mattatoio venivano liquidati gli oppositori del regime di Bashar al-Assad: gente che chiedeva solo libertà e dignità».

Dalla mostra Nome in codice: Caesar. Detenuti siriani vittime di tortura. © Mimmo Cacciuni Angelone. Dalla mostra Nome in codice: Caesar. Detenuti siriani vittime di tortura. © Mimmo Cacciuni Angelone.*

LE FOTO | Caesar è oggi il nome in codice di un ex-fotografo forense, in forza alla polizia militare di Damasco da cui ha poi disertato. Da un giorno all'altro dalla documentazione di pur non allegre scene del crimine o di vittime di incidenti stradali, si è trovato a dover fotografare con precisione, che si è rivelata poi raccapricciante, le torture e la morte dei detenuti delle carceri del regime siriano dal 2011 al 2013: «Il mio compito era fotografare la morte» – ha fatto sapere tramite gli organizzatori della mostra in corso al Maxxi Nome in codice: Caesar. Detenuti siriani vittime di torture, aggiungendo «durante gli scatti, facevo delle pause per trattenermi dal piangere. Ma ero terrorizzato. Continuavano a tornarmi in mente le cose che avevo visto durante il giorno. Pensavo che questi corpi potevano essere quelli di mio fratello o delle mie sorelle. E questo mi faceva male» al punto tale, e come non capirlo, da lasciare la Siria, lasciare la famiglia, portando però con sé circa 55mila scatti, trasformando quella documentazione di un regime sanguinario in un vero e proprio atto di accusa.

Durante la visita alla mostra Nome in codice: Caesar. Detenuti siriani vittime di tortura. © Mimmo Cacciuni Angelone. Durante la visita alla mostra Nome in codice: Caesar. Detenuti siriani vittime di tortura. © Mimmo Cacciuni Angelone. *

LA MOSTRA | Sono trenta le foto in mostra al Corner D del Museo Maxxi. Immagini obiettivamente atroci di cui il personale di servizio, oltre a cartelli indicatori in quantità, ti avvisa con gentile professionalità. Non sono né belle, né brutte, tecnicamente appena passabili, semplicemente raccapriccianti ma fortemente documentative con corpi martoriati, scarni per denutrizioni, violati, mutilati, senza occhi, coperti di piaghe e con segni di frustate e bruciature che denunciano l'ingiustizia della propria morte. La mostra è stata voluta in Italia dalla Federazione Nazionale della Stampa Italiana («In Siria sono stati uccisi un alto numero di giornalisti» ha denunciato Raffaele Lorusso, segretario generale della FNSI ), Amnesty International Italia, FOCSIV - Volontari nel Mondo, Un Ponte Per, Unimed - Unione delle Università del Mediterraneo e Articolo 21Liberi di. «Un museo può, accanto al bello, anche rappresentare il vero, un pezzo di umanità sanguinante e dolente», ha detto Luigi Manconi, presidente della Commissione Diritti Umani del Senato, nell'incontro che ha preceduto l'inaugurazione della mostra, mentre i presidenti della Commissioni Esteri di Senato e Camera, Pierferdinando Casini e Fabrizio Cicchitto, hanno proposto di portare le immagini anche in Parlamento. Affinché, al di là delle parole, si comprenda pienamente. Peccato che la mostra sia programmata solo per cinque giorni: meritava un maggiore periodo espositivo per essere meglio e maggiormente fruita.

Mouaz Mustafà, addetto alle pubbliche relazioni di Caesar Team, mentre viene intervistato da RAI News 24. © Mimmo Cacciuni Angelone.

CAESAR TEAM | «Le torture e le violenze del regime di Assad sono note ad ogni siriano – spiega Mouaz Mustafà addetto alle pubbliche relazioni del cosiddetto Caesar Team, un gruppo di esperti che utilizza le immagini di Caesar per arrivare al riconoscimento delle vittime (già ne sarebbero state identificate novemila), per far conoscere in Europa e negli Stati Uniti le atrocità del regime e mettere in piedi azioni legali contro gli aguzzini – le foto di Caesar hanno dato maggiore credibilità a ciò che già da tempo affermavamo». Il Caesar Team ha portato la mostra al Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite a New York, al Congresso degli Stati Uniti e al Museo dell'Olocausto a Washington, al Parlamento Europeo a New York, poi Parigi, Dublino e per la prima volta in Italia, a Roma. «Non è stato facile farlo uscire dalla Siria – continua Mustafà – e il prossimo obiettivo è cercare di capire quanto è possibile istituire cause per crimini contro l'umanità, in definitiva si tratta di cold case».

L'onorevole Pier Ferdinando Casini, presidente della Commissione esteri del Senato, durante la visita alla mostra Nome in codice: Caesar. Detenuti siriani vittime di tortura. © Mimmo Cacciuni Angelone. L'onorevole Pier Ferdinando Casini, presidente della Commissione esteri del Senato, durante la visita alla mostra Nome in codice: Caesar. Detenuti siriani vittime di tortura. © Mimmo Cacciuni Angelone.

GEOPOLITICA | Caesar e Mazen pagano le conseguenze di un pasticciaccio geo-politico che dura da cinque anni dove tutti sono contro tutti e Stati Uniti e Russia non si decidono a chiudere la partita e in questo periodo, dopo la breve pace di Aleppo, non dialogano neanche più. «Possiamo solidarizzare con la Siria contro il nemico comune Daesh senza per questo tacere degli orrori perpetrate nelle carceri del regime?» si è chiesto il senatore Manconi. Il regime di Assad è ancora in auge perché è in prima linea contro l'autoproclamato Stato Islamico, ma il prezzo che stanno pagando le popolazioni è sicuramente troppo elevato: «Non so nulla di cinque miei famigliari – afferma Mazen – siamo convinti che non siano ancora in vita. Vivo i miei incubi: sono inseguito giorno e notte da quello che ho visto. Grazie a queste foto il mondo sembra meno indifferente. Ho due sogni: la pace e al-Assad giudicato da un Tribunale internazionale». Caesar, dal suo rifugio, si è fatto vivo con un messaggio per i fruitori della mostra, ma anche per il Parlamento italiano: «Vi chiedo di alzarvi per dire di no ad Assad come nemico dell'umanità».

Dalla mostra Nome in codice: Caesar. Detenuti siriani vittime di tortura. © Mimmo Cacciuni Angelone. Dalla mostra Nome in codice: Caesar. Detenuti siriani vittime di tortura. © Mimmo Cacciuni Angelone. *

Non puoi vederci Caesar, ma ti possiamo assicurare che con questo articolo, per quanto insignificante possa essere, siamo tutti in piedi per te e per una Siria di nuovo in pace. [ Mimmo Cacciuni Angelone ]


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(*) - FPmag accogliendo l'invito degli organizzatori della mostra ha deciso di pubblicare le immagini scattate in mostra riproducendo alcune delle immagini esposte.


Nome in codice: Caesar. Detenuti siriani vittime di tortura
MAXXI - Museo Nazionale delle Arti del XXI Secolo, Corner D, via Guido Reni, 4a - Roma
5 - 9 ottobre 2016

orario: da mercoledì a venerdì, ore 11,00 - 19,00 | sabato, ore 11,00 - 22,00 | domenica, ore 11,00 - 19,00 | lunedì chiuso
ingresso: gratuito
info: 0574 603186
infopoint@fondazionemaxxi.it
www.fondazionemaxxi.it


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[ RISORSE ESTERNE ]
Fondazione MAXXI
Federazione Nazionale Stampa Italiana
Amnesty International Italia
FOCSIV - Volontari nel Mondo
Un Ponte Per
Unimed - Unione delle Università del Mediterraneo
Articolo 21Liberi di

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pubblicato in data 06-10-2016 in NOTIZIE / OPINIONI

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