Occhiali azzurri. Camicia, e scarpe in tinta: arancione.
Oliviero Toscani si presenta così. È irriverente e gli piace essere al centro della discussione. Le provocazioni, quindi, vengono giù una dopo l'altra: «Mi piacerebbe che ci fosse in futuro la libera circolazione dell'essere umano», ma anche «se avete voglia di sposarvi andate dal fotografo, piuttosto che dal prete o dal sindaco» e ancora «non vogliamo essere ciò che siamo: per questo non ci piacciono le foto della carta d'identità». Anche se, poi, per ogni provocazione, c’è una spiegazione puntuale.
La sua ultima ricerca, in realtà sempre in corso, è
Razza umana, per cui ha realizzato ottantamila scatti in giro per il mondo: «L'essere umano è unico e irripetibile, ed è bellissimo. Dobbiamo accettare la differenza che ci arricchisce. Credo che esista una sola razza umana, non tante razze e mi piace pensare ad una libera circolazione dell'essere umano».
Un momento dell'incontro con Oliviero Toscani nell'ambito di Wired Next Festival, Firenze, Palazzo Vecchio, Salone dei Cinquecento, domenica 18 settembre 2016. © Mimmo Cacciuni Angelone.
Domenica 18 settembre, Firenze, Palazzo Vecchio. Solo posti in piedi nel Salone dei Cinquecento per l'incontro con Oliviero Toscani nell'ambito del Wired Next Festival, alla quarta edizione fiorentina, dopo le prime due a Milano. Il titolo dell'incontro è Vieni avanti creativo e fa il verso a quel Vieni avanti cretino che Carlo Campanini e Walter Chiari resero famosi negli anni Sessanta. Gli argomenti, vari: tecnologia, fotografia («se tutti quelli che fanno fotografie sono fotografi, allora tutti quelli che sanno scrivere sono poeti. Non è così ovviamente, il fotografo è un autore»), creatività: «La parola creatività dovrebbe essere abolita –sentenzia e incalza– la creatività è uno stato di totale insicurezza mentre si opera, e chi si definisce creativo è un profondo cretino». La platea non reagisce, vuol capire: «In Italia -–spiega Toscani– quando proponi, ti chiedono continuamente: ma funziona? Ma funziona? E da lì lo stato d'insicurezza. Allora si lavora sull'esperienza, sul già fatto, con l'ausilio della tecnologia e si copia: si realizzano cose buone, ma anche tanta spazzatura. Oggi grazie alla tecnologia tutti possiamo fare tante cose, tutto è più facile, più accessibile, più immediato... Il risultato è una montagna di spazzatura creata con la tecnologia. Quando usiamo la macchina fotografica, ma questo vale per qualsiasi altra tecnologia, mettiamola dietro la testa e non davanti, nel senso che prima vediamo quello che vogliamo fare e poi lo documentiamo. Quando spegniamo il computer si accende la nostra capacità di comunicare».
Un momento dell'incontro con Oliviero Toscani nell'ambito di Wired Next Festival, Firenze, Palazzo Vecchio, Salone dei Cinquecento, domenica 18 settembre 2016. © Mimmo Cacciuni Angelone.
Bene, adesso il Toscani-pensiero non solo è più chiaro, ma ci permette qualche considerazione e quella riflessione che Toscani voleva, a modo suo, innescare: per quanto possa sembrare strano oggi abbiamo troppe frecce al nostro arco. La tecnologia ci rende più facile parte della vita. Forse troppo. Non rimpiangiamo il rullino, o l’analogico, ma il fatto educativo di avere trentasei scatti a disposizione e di doverli razionalizzare immaginando la foto da realizzare prima di scattare, altrimenti sarebbero stati soldi buttati per stampe inutili. Poter scattare all’infinito (scaricando poi sul PC) e ricominciare, non sempre è un bene e va nella direzione della spazzatura tecnologica. Oggi in post-produzione si può tutto, difficilmente una buona inquadratura ed è impossibile riuscire a raccogliere lo spirito, quell’attimo che fa la differenza fra una buona e una cattiva foto, di cui prima del 2000 avremmo pagato la stampa e poi gettato via. Chi fa fotografia oggi, e non per questo può definirsi un fotografo (siamo d’accordo con Toscani) non conosce la forchetta, ad esempio, che era un trucco dell’analogico, cioè la necessità di sovraesporre e sottoesporre di un diaframma per ogni scatto rispetto alle indicazioni di base del flash per avere la maggior certezza possibile di fare uno scatto buono. Insomma occorreva fare solo tre foto, non venti come oggi, per avere una buona foto con il flash sulla fotocamera.
Un momento dell'incontro con Oliviero Toscani nell'ambito di Wired Next Festival, Firenze, Palazzo Vecchio, Salone dei Cinquecento, domenica 18 settembre 2016. © Mimmo Cacciuni Angelone.
«Viviamo nella società dell'immagine, dove l'immagine è più reale della realtà stessa –continua Toscani– Non crediamo più a nulla se non è confermato dalla tecnologia dell'immagine». Poi scava nella sua vita personale: «Un esempio: la mia terza moglie, che era una modella, fece un servizio fotografico sugli abiti da sposa prima che noi ci sposassimo. Mi avvicino a lei, ci fanno uno scatto insieme mentre indossava un meraviglioso abito bianco. La foto gira e riceviamo montagne di auguri... quando, dopo anni, ci siamo sposati veramente, beh in pochi si sono fatti vivi. Il fotografo aveva fatto il lavoro meglio del sindaco. Che voglio dire? Tutti conosciamo Obama, la guerra, il terrorismo, ma li abbiamo mai vissuti in prima persona? L'esperienza diretta di ciò che accade viene confinata a poche cose. Un po' come aveva fatto la televisione che ci ha teleidiotizzati». Che sarà una semplificazione eccessiva, ma è il risultato del lavoro fatto per anni dai mass media che ci hanno bombardato per anni con messaggi e proposte unidirezionali, dove l’unica alternativa era quella di spegnerla la televisione, se ne avessimo avuto ancora le forze.
In ogni caso quella di
Toscani non è una campagna contro la tecnologia in assoluto: «Non fraintendetemi la tecnologia è importantissima, faccio un mestiere basato sulla tecnologia, ma non dobbiamo esserne schiavi. Mi dà fastidio la dipendenza in generale, di qualsiasi tipo. La dipendenza ci rende un po' stupidi o no? Invece siamo noi a dover far fare cose nuove alla tecnologia. Vedo i ragazzi che dagli schermi del computer si aspettano chissà quali apparizioni divine e quali verita e che senza Internet sembrano degli zombie eppure... Leonardo da Vinci non aveva nemmeno l'elettricità». E di sicuro non consultava Uber per trovare una macchina, eppure viaggiava e si faceva conoscere e apprezzare anche senza Facebook e i suoi like. [ Mimmo Cacciuni Angelone ]
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[ RISORSE ESTERNE ]
◎ Oliviero Toscani
◎ Wired Next Festival
◎ Wired Next Festival Firenze
pubblicato in data 21-09-2016 in NOTIZIE / OPINIONI
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