11 marzo 2011. Uno
tsunami, originato da un terremoto di magnitudo 9 al largo del Giappone, si abbatte sulla regione nord orientale del Tōhoku. A Ōtsuchi-chō, nella prefettura di Iwate, il 10% della popolazione muore o viene dichiarata dispersa, il 60% degli edifici abitati viene distrutto o danneggiato. La furia dello tsunami arriva a... depositare le imbarcazioni presenti nel porto di questa cittadina di pescatori sui tetti delle case. Passato il primo sgomento per la tragedia, la popolazione inizia un'opera di ricostruzione che non si limita all'eliminazione dei detriti e alla riedificazione delle costruzioni distrutte o compromesse. Dal fango vengono recuperate le immagini familiari che costituiscono la memoria privata della città. Acqua, sale e terra le hanno devastate, consumandole, sciogliendone i colori, fino a farle apparire completamente astratte in alcuni punti. È la stessa memoria dei singoli che viene alterata, a volte cancellata e ridisegnata con il suo portato emotivo, spazzata via al pari degli edifici annichiliti dalla forza del mare. Proprio quei colori fusi sulla superficie delle immagini finiscono per colpire
Alejandro Chaskielberg che, dopo averli riprodotti, li clona in postproduzione per realizzare delle colorazioni parziali delle immagini in bianconero realizzate in grande formato sui luoghi del disastro.
Parte del progetto Ōtsuchi Future Memories è costituito da ritratti dei sopravvissuti che posano su ciò che rimane delle loro abitazioni. In queste immagini, la commistione tra tempi di posa molto lunghi (anche qualche minuto) e illuminazione in light panting produce immagini dall'aspetto formale alquanto destabilizzante per lo spettatore. L'effetto che ne deriva è quello di un'apertura ulteriore nei confronti della riflessione sulla memoria, un ampliamento di visione che si sposta dal piano sociale a quello dello statuto della fotografia. Se quest'ultima, principalmente nella sua declinazione vernacolare, è infatti depositaria di un ruolo di conservazione e tutela dei ricordi, come si può ricostruire una memoria per il futuro affondando le radici in quanto sostanzialmente è andato perduto?
La risposta di Alejandro Chaskielberg è nella produzione di nuove immagini in cui il contenuto rimandi a ciò che è stato e ora non c'è più. In questo senso il recupero di quei colori disciolti sulla superficie delle vecchie foto ricordo, con il loro portato storico ed emotivo, e la sovrapposizione alle immagini del presente in cui per altro compaiono le tracce del passato, rappresenta l'ultimo baluardo della memoria per iniziare la costruzione del futuro senza perdere il senso delle proprie origini.
Durante l'incontro con il pubblico condotto da Paul Moakley (Time), Chaskielberg ha ulteriormente sottolineato il portato concettuale del suo lavoro, mostrando un'immagine in cui la struttura di un edificio raso al suolo veniva restituita da una serie di scatti successivi effettuati sullo stesso negativo. Durante ognuno di essi, un assistente teneva dei tubi bianchi illuminati in light panting, ricostruendo una sorta di scheletro bianco che, nella notte, evoca quella che poteva essere la struttura originale dell'edificio. Le mani illuminate nel punto di presa dei tubi, e i tubi stessi, indicano la persistenza di una memoria che supera la realtà e si lancia come un ponte verso il futuro.
Una mostra, in conclusione, che richiede attenzione durante la visita e che senz'altro necessita di una chiave di lettura che l'affranchi dalle apparenti vocazioni reportagistiche, rendendone esplicite le connotazioni concettuali profonde. [ S. I. ]
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ŌTSUCHI FUTURE MEMORIES
di
Alejandro Chaskielberg
Ex Magazzino delle Carni | fino al 20 settembre 2015
ingresso: 3,00 €
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pubblicato in data 17-07-2015 in NOTIZIE / MOSTRE
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